Appello della Società Civile

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APPELLO DELLA SOCIETÀ CIVILE PER LA RICOSTRUZIONE DI UN WELFARE A MISURA DI TUTTE LE PERSONE E DEI TERRITORI – ecco il documento dell’Appello della Società Civile 17 aprile 2020

“Mai come in questa terribile congiuntura siamo chiamati a diventare consapevoli di questa reciprocità che sta alla base della nostra vita. Accorgendosi che ogni vita è vita comune, è vita gli uni degli altri, degli uni dagli altri. Le risorse di una comunità che si rifiuta di considerare la vita umana solo un fatto biologico, sono un bene prezioso, che accompagna responsabilmente anche tutte le necessarie attività della cura. Forse abbiamo eroso spensieratamente questo patrimonio, la cui ricchezza fa la differenza in momenti come questi, sottovalutando gravemente i beni relazionali che esso è in grado di condividere e di distribuire nei momenti in cui i legami affettivi e lo spirito comunitario sono messi a dura prova, proprio dalle basilari necessità della protezione della vita biologica”

Come società civile sentiamo il dovere di intervenire perché i corpi intermedi che costituiscono il capitale sociale italiano siano al più presto coinvolti in un grande lavoro di caring, di presa in carico delle famiglie e dei lavoratori colpiti dalla crisi. Viviamo uno sconvolgimento degli stili di vita democratici senza precedenti, uno shock che chiede visione per affrontare non solo l’uscita da esso, ma anche e soprattutto ricostruzione dei legami sociali e il rilancio di una migliore economia a misura d’uomo, un’economia civile , che abbia a cuore la centralità della persona, dei territori ed un’attenzione costante all’ambiente e alla crisi climatica. I rischi di una mancanza di visione sono già intellegibili: da un lato lo sfaldamento dell’Europa non-unita, che ricorrendo e rincorrendo pratiche insostenibili di austerity consentirà alle forze populiste di cogliere l’occasione dell’emergenza sanitaria per avanzare e dettare le proprie regole contro i legami solidali degli uomini e delle donne del mondo e la loro libertà; dall’altro il rischio che la criminalità organizzata aggredisca diverse aree del nostro Paese, soprattutto dove essa è già collocata come corpo intermedio antagonista allo Stato, rispondendo per prima ai bisogni improvvisi ed urgenti di coloro che già prima dell’arrivo del Covid19 vivevano una condizione di pre-crisi, di precarietà economica e sociale, e che oggi sono immediatamente caduti nel ricatto dell’usura.  Uno stesso rischio con due facce: l’Europa che rischia di tardare a dare riposte comunitarie alle crisi nazionali dei paesi colpiti dal CoronaVirus, l’Italia che con i suoi aiuti sociali innestati nell’apparato burocratico esistente rischia di perdere la competizione con le reti della criminalità organizzata. Chiediamo come società civile italiana di essere coinvolti nel presidio e nella rinascita dei tessuti sociali stravolti. Al Governo si chiede di essere da subito interlocutori ai tavoli dove si discute la FASE 2, si chiede che i corpi intermedi del sociale abbiano voce per il loro sapere sociale e le loro pratiche di prossimità necessarie a qualsiasi ipotesi di ripresa. Chiediamo al Governo di riconoscere un ruolo ai presìdi locali del nostro Capitale Sociale attivando in tutti i Comuni percorsi personalizzati, familiari e territoriali, percorsi in cui il Terzo Settore venga coinvolto nella progettazione sociale territoriale attraverso piani strategici territoriali e misure personalizzate.

La crisi si annuncia tale che non basterà la semplice distribuzione di beni materiali affidata al Terzo Settore, occorrerà parlare di riconversione e ricostruzione delle nostre economie globali e locali. Riprendiamo oggi il cammino di quel dialogo proficuo tra laici e cattolici che ha portato alla vera e indiscussa riforma del nostro Stato Sociale, l’Istituzione del Servizio sanitario Nazionale, la Legge 833 del 1978. Un servizio che quel Legislatore aveva centrato nel rapporto tra salute e territorio e la cui lenta e colpevole implosione è stata smascherata dalla attuale emergenza in cui il rapporto tra salute e territorio è tornato ad essere centrato sul paradigma centralizzato dell’ospedale, trascurando le cure domiciliari e i presidi territoriali di presa in carico. Oggi viviamo una nuova occasione per far ripartire quel dialogo. È una nuova occasione perché l’Italia ricorra al suo senso di comunità nazionale, correggendo a livello nazionale la disuguaglianza dei regionalismi, e facendo affidamento all’architrave della sua sussidiarietà, la vicinanza del Terzo Settore ai bisogni delle persone e dei territori. Nella Fase 2, e fin da ora, ci aspettiamo di essere convocati per il bene dell’Italia a collaborare con le politiche pubbliche ed avere così la possibilità di presentare proposte operative.

Roma, 17 aprile 2020 – Ufficio Stampa ACLI

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